Sedazione cosciente e autismo

Dott. Pantaleo Lorusso, DDS, assistente alla Cattedra di Anestesiologia, Unità Operativa di Anestesiologia, Dipartimento di Emergenza, Università degli Studi di Bari Aldo Moro


L’autismo e i disturbi dello spettro autistico sono patologie del neuro-sviluppo che esordiscono nella prima infanzia, più spesso nei maschi, e provocano deficit nella comunicazione e comportamenti ripetitivi che causano una compromissione clinicamente significativa dell’interazione sociale. I deficit della comunicazione ed interazione riguardano la reciprocità socio-emotiva, la comunicazione non verbale, e la capacità di sviluppare, gestire e comprendere le relazioni. I pattern di comportamento ripetitivo, invece, si manifestano nel movimento, nell’uso degli oggetti, oppure come eloquio ripetitivo, atteggiamenti rituali, interessi limitati e fissi, iper- o ipo-reattività agli stimoli ambientali. I segni cardine dell’autismo possono manifestarsi in modo diverso nel corso della vita, tuttavia, più del 70% delle persone con autismo sviluppa anche condizioni concomitanti, come disabilità intellettiva, deficit motori, epilessia, autolesionismo, comportamenti sfidanti, ansia, o depressione.

L'identificazione precoce dei disturbi dello spettro autistico permette di fornire ai pazienti il supporto e gli interventi educativi di cui hanno bisogno; supporto e interventi devono essere individualizzati, multidimensionali e multidisciplinari.
 
  • I pazienti autistici di livello 1 necessitano di un “supporto” nella comunicazione bidirezionale oppure per gestire la capacità di cambiare attività;
  • al livello 2 corrisponde la necessità di un “supporto significativo”, perché sul fronte comunicativo mostra scarsa tendenza a dare inizio a interazioni con gli altri, e sul fronte comportamentale provoca disagio e/o difficoltà nel cambiare attività o oggetto dell’attenzione;
  • il livello 3, infine, è associato ai deficit più gravi come la scarsa e anomala interazione con gli altri e l’estrema difficoltà nel cambiare attività o oggetto dell’attenzione, quindi necessità di un “supporto molto significativo”.

Gli interventi educativi mirano a migliorare le abilità sociali, comunicative e comportamentali aiutando i pazienti a massimizzare la loro indipendenza e a sfruttare i potenziali punti di forza. Esistono vari approcci comportamentali, divisi tra globali e mirati; i primi potenziano diverse competenze come comportamenti cognitivi, linguistici, sensomotori e adattivi, mentre i secondi si concentrano solo sugli specifici domini da migliorare. A volte l'intervento può essere mediato dai genitori e ha il vantaggio trasferire le competenze in contesti di vita domestica e comunitaria.

I pazienti affetti da disturbo dello spettro autistico non presentano disturbi orali specifici, tuttavia, a causa della loro scarsa collaborazione e della scarsa manualità nell’esecuzione delle manovre di igiene orale domiciliare, sviluppano facilmente lesioni cariose, fratture dello smalto, parafunzioni (più frequentemente bruxismo, spinta linguale o succhiamento del labbro), malocclusioni, gengiviti placca-dipendenti, iperplasie gengivali da farmaci come antidepressivi o antipsicotici.

In virtù della crescente attenzione nei confronti delle persone con disturbo dello spettro autistico si è sviluppata anche la gestione odontoiatrica specifica per questi pazienti. Nel 2016, per esempio, è stato sviluppato un vademecum sulla gestione dei pazienti autistici a cura di Maria Seira Ozino, con il supporto dell’Associazione Igienisti Dentali Italiani (AIDI) e il Coordinamento Autismo Piemonte che in poche pagine raccoglie tutto ciò che devono sapere sia i clinici sia i genitori sulla gestione odontoiatrica dei pazienti autistici.

Per permettere alle persone autistiche di sottoporsi alle cure odontoiatriche è necessario applicare un approccio che rispetti la ridotta o scarsa collaborazione di questi pazienti. Nei pazienti autistici, l’ansia è la principale responsabile del rifiuto dei controlli periodici e delle terapie, arrecando un progressivo e incontrollato peggioramento dello stato di salute del cavo orale. Pertanto, bisogna ridurre al minimo il tempo in sala di attesa, che non deve superare i 10-15 minuti; allo stesso modo, gli appuntamenti devono essere brevi il più possibile e ben organizzati, preferibilmente fissandoli ad inizio giornata o al termine della stessa per evitare la presenza di troppe persone nella sala d’attesa. In caso di trattamenti che necessitano di tempi più lunghi è possibile programmare più appuntamenti di breve durata per avere una maggiore collaborazione.

La mente autistica ha una particolare elaborazione delle percezioni poiché i sensi sono particolarmente attivi e l’elaborazione delle informazioni è complessa e richiede tempi dilatati. Pertanto, nell’ambito del singolo appuntamento bisogna considerare che l’ambiente odontoiatrico è caratterizzato dalla presenza di immagini, luci, odori, e suoni estranei ed intensi, che concorrono ad aumentare l’ansia del paziente e a farlo sentire a disagio; bisogna considerare inoltre che la persona autistica non sempre usa il linguaggio verbale per esprimere questo disagio, quindi, molti comportamenti disadattativi potrebbero essere attribuibili all’ipersensibilità agli stimoli ambientali. Per questo motivo è importante introdurre il paziente autistico in questo ambiente circondandolo con le sole figure professionali coinvolte nel trattamento e che dovranno essere sempre le stesse per evitare l’ansia che scaturisce dal cambio di operatore o assistente alla poltrona.

È necessaria anche una corretta organizzazione dell’ambiente perché i pazienti con autismo hanno bisogno di muoversi in spazi ben delimitati: le porte della stanza del riunito devono rimanere chiuse per contribuire a diminuire lo stato di ansia del paziente, evitare che esca dalla zona operativa e, soprattutto, ridurre il rischio di distrazione causato dalle persone che transitano nella stanza. La prima seduta è fondamentale per far familiarizzare il paziente con l’ambiente facendolo sedere sul riunito o facendolo assistere a qualche intervento fatto sul caregiver.

Quando l’operatore si approccia al paziente autistico deve cercare di entrare nel suo campo visivo anche solo per un attimo per essere certo noti la sua presenza; se il paziente resta indifferente, è utile che l’operatore si accompagni con dei gesti. Quando l’operatore si rivolge ad un paziente autistico deve parlare in modo chiaro e specifico, evitando discorsi astratti perché vengono interpretati in maniera letterale. Quando è il paziente a fare domande bisogna rispondere sempre, mentre quando è l’operatore a porre una domanda bisogna aspettare pazientemente la risposta senza incalzare o ripetere la richiesta in quanto il tempo di elaborazione è molto lungo: se il paziente ripete quello che si dice o la stessa parola sta rispondendo “sì”. Non bisogna permettere al paziente di invadere troppo il proprio spazio fisico (es., abbracci ripetuti) allontanando con delicatezza il paziente. È sempre bene cercare di collaborare con il caregiver e la famiglia perché conoscono bene il paziente ed è in grado di fornirci indicazioni, ad esempio, su cosa piace fare al paziente, cosa lo tranquillizza, cosa lo infastidisce e quali sono le sue ricompense preferite da utilizzare come rinforzo positivo.

Prima di iniziare a trattare un paziente autistico è necessario eseguire un’attenta anamnesi medica e odontoiatrica, inoltre, è importante confrontarsi con le altre figure mediche che hanno in cura il paziente nel caso in cui si voglia ad esempio somministrare dei farmaci per controllare l’ansia. Qualche settimana prima del trattamento, la famiglia e gli operatori possono realizzare delle agende iconiche o delle storie sociali da presentare al paziente: questi strumenti, tramite foto, disegni e descrizioni permettono di illustrare al paziente tutte le varie tappe che dovrà affrontare durante la visita odontoiatrica, in modo che il paziente sia già preparato a quello che lo aspetta. Può essere utile anche fare delle prove a casa delle competenze essenziali che si richiedono dal dentista, come ad esempio sputare correttamente, sciacquare, aprire bene la bocca, ecc. È fondamentale, inoltre, che la famiglia educhi fin da piccolo il bambino ad una corretta igiene orale e che lo porti in visita periodicamente e non solo nel momento in cui si manifesta il dolore; potrà anche essere presa in considerazione insieme al dentista la possibilità di eseguire le sigillature dei solchi dei molari permanenti al fine di prevenire processi cariosi.

Durante le sedute possono essere utilizzati anche oggetti antistress o si può fare ricorso all’ausilio della musica o di video durante le sedute operative con l’obiettivo di ridurre l’ansia del paziente. È importante che il paziente arrivi a fidarsi dell’operatore e per fare ciò bisogna rispettare quello che viene detto, utilizzando la tecnica del “tell-show-do”; quest’ultima tecnica rientra insieme al modeling e alle tecniche di distrazione nell’ambito della iatrosedazione, ovvero l’insieme di tecniche comportamentali non farmacologiche che hanno come scopo quello di ridurre l’ansia del paziente.

Nel caso in cui il paziente non collabori non bisogna usare metodi coercitivi, ma piuttosto rimandare l’appuntamento in un’altra data. Tuttavia, per alcuni pazienti questi interventi, da soli, non sono sufficienti per compensare i comportamenti che rendono estremamente difficile lo svolgimento dei trattamenti odontoiatrici e le pratiche di igiene orale professionale; in questi casi è necessario prendere in considerazione di sottoporre il paziente alle procedure in sedazione cosciente o in anestesia generale. Il ricorso all’anestesia generale dovrebbe essere limitato a quei pazienti che richiedono supporto significativo o alle terapie lunghe, cruente e non divisibili nel tempo.
 
In odontoiatria, si fa ricorso alla sedazione cosciente, in particolar modo all’ansiolisi, per permettere ai pazienti di sottoporsi ai trattamenti in assenza di ansia tramite la somministrazione di uno o più farmaci che inducono uno stato di depressione del sistema nervoso centrale senza provocare né perdita della coscienza né inibizione dei riflessi di protezione delle vie aeree, e mantenendo il contatto verbale tra operatore e paziente per tutta la durata della seduta.

La sedazione cosciente nel paziente autistico può essere ottenuta tramite somministrazione di ansiolitici per os o per via rettale un’ora prima della seduta odontoiatrica, o, in alternativa, nel caso non fosse sufficiente, per via endovenosa. Bisogna considerare, tuttavia, che alcuni pazienti fanno già uso di questi farmaci e pertanto sono assuefatti ai dosaggi standard. Pertanto, la sedazione cosciente con miscela di protossido di azoto e ossigeno è un valido aiuto nella gestione quotidiana dei pazienti con disturbi dello spettro autistico.
 
La sedazione cosciente inalatoria con miscela di protossido di azoto e ossigeno è considerata la metodica di sedazione cosciente più sicura in odontoiatria e dovrebbe essere la tecnica standard di prima scelta perché ha degli ampi margini di sicurezza, minimi effetti sulle funzioni cardiovascolari e respiratorie, ed è particolarmente utile nel prevenire e gestire l’ansia del dentista nei bambini.
Inoltre, è l’unica tecnica di sedazione cosciente che, oltre a produrre effetti ansiolitici, induce analgesia di superficie delle mucose orali, tanto da essere definita "analgesia relativa"; pertanto, questo tipo di sedazione cosciente non è sostitutiva dell’anestesia locale, ma è certamente di aiuto nelle procedure di infiltrazione.

Il protossido di azoto è un gas leggermente profumato e incolore, non irritante per i tessuti dei pazienti. L’azione ansiolitica del protossido di azoto dipende dal fatto che questo gas lega il recettore GABA-A, lo stesso di altri ansiolitici come le benzodiazepine; invece, l’effetto analgesico deriva dall’interazione con i recettori per gli oppioidi e con il recettore del N-Metil-D-Aspartato.

La miscela di protossido di azoto e ossigeno viene erogata tramite un sistema di miscelazione, la sedation machine, che consente una facile titolazione delle concentrazioni di gas e li veicola al naso del paziente utilizzando una maschera nasale specifica che consente un accesso orale senza ostruzioni per il trattamento odontoiatrico. I cappucci nasali sono disponibili in diverse misure per adattarsi a pazienti di età e dimensioni diverse; alcuni sono pre-profumati per aiutare ad aumentare l'accettabilità nei bambini. L’azione del protossido di azoto insorge rapidamente dopo l’inizio della somministrazione (2-3 minuti) e il suo effetto si esaurisce altrettanto rapidamente una volta interrotta l’erogazione (3-5 minuti). Questo succede perché il protossido di azoto viene assorbito rapidamente dagli alveoli polmonari e passa nel sangue, nel quale questo gas ha bassa solubilità, e si diffonde rapidamente secondo gradiente di concentrazione nel suo organo bersaglio principale, il sistema nervoso centrale; questo fenomeno avviene alla stessa velocità anche nella direzione opposta.

Ai pazienti viene inizialmente somministrato solo ossigeno per rimuovere l’azoto presente a livello polmonare; dopo 5 minuti si inizia a ridurre la concentrazione dell’ossigeno per somministrare il protossido partendo da un 10-15% e incrementandolo del 5% ogni 3-5 minuti fino al raggiungimento dell’ansiolisi nel paziente. Solo una volta raggiunta l’ansiolisi si può procedere al trattamento; un'attenta titolazione intraoperatoria adatta la percentuale di protossido in base alle risposte individuali e consente la regolazione della profondità della sedazione, riducendo così il rischio di sedazione eccessiva. Al termine della procedura, viene somministrato ossigeno al 100% per 3-5 minuti per facilitare l’espulsione del protossido e prevenire l'ipossia da diffusione.

Il protossido di azoto corrisponde perfettamente agli standard di sicurezza odontoiatrici perché alle concentrazioni raccomandate non interferisce con i riflessi di protezione delle vie aeree né induce perdita di coscienza; inoltre, le moderne sedation machine impediscono l’erogazione di miscele che superano il 70% di protossido nell’aria inspirata dal paziente. Ciò significa che almeno il 30% dell’aria inspirata dal paziente durante la sedazione è ossigeno. Inoltre, ogni sedation machine azzera automaticamente l’erogazione del protossido non appena si esaurisce la fonte di ossigeno.

Il successo della tecnica dipende da una appropriata titolazione del protossido di azoto in base alla risposta individuale del paziente, dalla contemporanea applicazione di tecniche comportamentali e di iatrosedazione quotidianamente usate nella pratica clinica, e da un minimo di collaborazione da parte del paziente, il quale deve respirare dal naso affinché il protossido di azoto possa essere inalato e faccia effetto; per esempio, se il bambino piange e non respira con il naso la tecnica risulta essere totalmente inefficace. In questi casi potrebbe essere indicata l’associazione con farmaci ansiolitici. Le altre controindicazioni all’uso della sedazione con miscela di protossido di azoto e ossigeno comprendono fobia della maschera nasale, otite media, malattie polmonari croniche ostruttive, pneumotorace, il primo trimestre di gravidanza, chemioterapia con bleomicina (solfato), miastenia gravis, sclerosi multipla, gravi disturbi psicologici o dipendenze da droghe, deficit di metilenetetraidrofolato reduttasi e/o di cobalamina.

Gli effetti indesiderati più comuni (0,5% dei pazienti) sono la nausea e il vomito, e si verificano principalmente quando non vengono praticate tecniche di titolazione appropriate.

In conclusione, l’utilizzo della sedazione cosciente con miscela di protossido di azoto e ossigeno è sicuro ed efficace nei pazienti autistici e deve essere interpretato come un ausilio alla pratica clinica che ci permette di ottenere ansiolisi, garantendo dunque delle sedute terapeutiche meno stressanti per questi pazienti e per il clinico.

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